Peppe Zullo è uno dei protagonisti del nuovo umanesimo delle montagne. Il suo libro lo sta scrivendo a Orsara di Puglia. Forse adesso i libri migliori non li fanno gli scrittori, non restano confinati sulla pagina. Peppe sta scrivendo con la terra e con la carne, con il vino, con le verdure, con la pasta. Sta scrivendo sui monti bassi che cominciano dove finisce il Tavoliere. Un avventuriero, un rivoluzionario, una figura piena d’avvenire. Nel tempo che vede la fine della modernità novecentesca, nel tempo che apre crepe all’infernale meccanismo produzione-consumo, lui sta costruendo un’impresa solitaria e corale. Uomo dei margini e fuoco centrale, capace di dare buone confidenze ai contadini della sua terra e ai maestri del pensiero. Uomo del fare, ma con una poetica fitta, vera, intensa. Nel suo lavoro niente di spumoso e posticcio. Il suo orto non è un’invenzione, i suoi piatti non descrivono il cibo, te lo danno. Davanti a un’esperienza così bella e coraggiosa bisogna dismettere le antiche attitudini alla diffidenza e allo sconforto. A Orsara è in corso un miracolo. Più che appartenere al mondo gastronomico, Peppe Zullo è un contadino del sacro. E se la nostra crisi prima che economica è teologica, allora abbiamo bisogno di uomini come lui. Una volta da Orsara si andava a Milano, ma da Milano nessuno veniva ad Orsara. Con Peppe comincia un nuovo movimento, Milano non è più la cosa che ci manca, ma siamo noi la cosa che manca a Milano. Andare da Peppe Zullo non significa andare semplicemente in un ristorante che è insieme raffinato e popolare, ma partecipare a una rivoluzione che rimette la terra al centro dell’economia e la passione al centro delle relazioni umane. Appassionarsi alla sua storia è un dono che facciamo a noi stessi.

Franco Arminio, poeta, scrittore, paesologo.
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